È il 10 settembre 2000 e sul circuito brianzolo si sta per correre la 14esima gara del mondiale (sulle 17 totali). La Ferrari n°3 di Michael Schumacher vi arriva però, dopo aver a lungo dominato la stagione, incredibilmente staccata di 6 lunghezze dalla vetta occupata dal finlandese della McLaren Mika Hakkinen. Quel maledetto mondiale piloti manca ormai a Maranello da 21 anni: la Ferrari dal 1996, per spezzare il digiuno, ha deciso di investire sul più forte pilota in circolazione il tedesco Michael Schumacher, campione del mondo nel 1994 e nel 1995 con la Benetton di Flavio Briatore. Se nei primi due anni in rosso gli avversari erano state le imprendibili Williams Renault  di Damon Hill prima del figlio d’arte Jacques Villeneuve poi, nel 1998 risorge dalle ceneri la McLaren, al top nelle stagioni seguenti con Mika Hakkinen. Pilota quest’ultimo, riscopertosi campione dopo aver visto la morte in faccia in un terribile crash sul circuito cittadino di Adelaide (ultima tappa del mondiale 1995) a seguito del quale rimase, dopo aver riportato molteplici fratture craniche, in coma per due giorni. Il 2000 sembra però definitivamente l’anno della Rossa, grazie ad un avvio praticamente perfetto che vede Schumacher vincere i primi 3 gran premi dell’anno, e addirittura 5 dei primi 8. Dopo l’ottava prova del mondiale, a Montreal, Michael conduce la classifica con 22 punti di vantaggio su Coulthard e ben 24 su Hakkinen (la vittoria all’epoca valeva 10 punti), il suo più accreditato rivale per il titolo. Arriva però l’estate e la riscossa Mclaren, favorita anche da due incidenti al via che coinvolgono la Ferrari di Schumi consecutivamente in Austria e nella sua Germania e dal ritiro in Francia per la rottura del propulsore. All’Hungaroring (gara n°12) le Frecce d’argento compiono un clamoroso ed inaspettato doppio sorpasso, scavalcando la Rossa nella classifica costruttori e Michael in quella piloti. Come se non bastasse solo due settimane prima dell’appuntamento monzese, a Spa, giardino di casa del Kaiser, Mika Hakkinen si era permesso di vincere la gara infliggendo un clamoroso sorpasso a Michael in fondo al rettilineo del Kemmel, sfruttando anche la casuale presenza del doppiato Riccardo Zonta, dando un grosso colpo alle speranze mondiali del rivale.

L’atmosfera in casa Ferrari è pesante, un’ennesima incredibile beffa sembra dietro l’angolo per i sostenitori della Rossa, a Monza se si vuol tenere aperto il discorso mondiale, non si può più sbagliare. Le qualifiche vedono una Ferrari in grande spolvero, Michael e Rubens firmano un magnifico 1-2, poco dietro si piazzano le Mclaren (3° e 5°). Si spengono le luci, Michael parte bene e tiene la testa, ma il disastro sta per avvenire, non alla Prima Variante, ma alla seconda, quella della Roggia. Un’incredibile crash innescato da Frentzen mette fuori sette vetture, tra di esse anche una Ferrari ed una Mclaren: quelle dei “gregari” Barrichello e Coulthard. Come se non bastasse giunge voce che una gomma staccatasi dalla Jordan di Frentzen ha colpito un commissario, per il povero Paolo Gislimberti non ci sarà nulla da fare. Dopo 10 lunghi giri dietro la macchina di sicurezza la corsa riparte, l’aria già tesa per le sorti mondiali della Ferrari appese ad un filo si fa, dopo gli eventi del via, ancor più pesante. La Ferrari però non sbaglia e Mika non ha mai l’occasione giusta per impensierire Michael, che trionfa per la sesta volta in stagione, la quarantunesima in carriera, come Magic Ayrton, davanti al rivale finlandese e al fratellino Ralf Schumacher su Williams. Dopo la festa del podio in conferenza stampa alla domanda di un giornalista Michael, stravolto per l’enorme tensione accumulata nelle ultime settimane, china la testa e scoppia incredibilmente a piangere. Il tedesco di ghiaccio all’improvviso si scioglie, umano come mai prima aveva dimostrato di essere, fragile anche, ma fortissimo. Nessuno infatti quel pomeriggio monzese lo sa ancora, ma quel pianto renderà Michael invincibile: una furia ad Indianapolis, un tornado in Giappone. Hakkinen non può più nulla. L’8 ottobre a Suzuka Michael Schumacher, dopo drammatiche stagioni vissute sul filo del rasoio, che per ben tre volte consecutive volte avevano visto la Rossa uscire sconfitta dalla corsa mondiale all’ultimo atto, riporterà finalmente, al quinto tentativo, “i colori dell’arcobaleno sulle insegne del Cavallino Rampante”, per dirla alla Gianfranco Mazzoni, che quel mattino era la voce per la Rai della F1. Come quel giorno Jean Todt sussurrerà sul podio al suo paladino Schumacher, “dopo questa giornata, nulla sarà più come prima”… e come dargli torto?

Andrea Schinoppi

 

Monza 2000, le lacrime di Michael

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