2000 – L’Italia conquista l’America
Il fascino per la F1 di tornare a correre negli States, a nove anni dall’ultima volta (Phoenix, 1991), per di più nel più antico tempio “vivente” del motorsport, l’Indianapolis Motor Speedway, è accresciuto dalla grande sfida mondiale tra la Ferrari di Michael Schumacher e la McLaren di Mika Hakkinen, che Michael insegue, per il terzo anno consecutivo, a due punti di distanza a tre gare dal termine. Il tracciato ricavato sfruttando un quarto del famoso “anello” e le strade interne dell’enorme catino da quasi 300.000 posti vede al sabato Schumacher in pole davanti alle McLaren di Coulthard e Hakkinen e al compagno Barrichello.
La domenica però la gara scatta su pista umida per via della pioggia caduta la mattina. Si spengono i semafori ed è già il momento del primo colpo di scena. Coulthard si muove nettamente in anticipo dalla sua casella, prendendo la testa della corsa ma anche uno stop and go di 10 secondi. Prima che sprofondi in classifica per via della penalità cerca in ogni modo di rallentare Schumacher provando a favorire, senza successo, il sorpasso del compagno Hakkinen ai suoi danni ma, al sesto giro, Michael rompe gli indugi e supera Coulthard con una grande manovra, all’esterno alla prima curva, non senza rischi. La lotta fra Schumacher e Hakkinen va in scena fino al 26esimo giro quando avviene il secondo grande episodio della gara, l’evento che probabilmente decide le sorti del mondiale.
Il motore Mercedes montato sulla McLaren del finlandese, in grande rimonta sul tedesco, cede improvvisamente dando via libera alle Rosse. Sì perché anche Barrichello dopo un inizio difficile si è portato infine in seconda posizione. Grazie ad una strepitosa doppietta in terra d’America la Ferrari guadagna la testa sia nella classifica piloti che in quella costruttori. Nella gara successiva, a Suzuka, Schumacher con una vittoria avrà la possibilità di metter finalmente fine a 21 anni di digiuno Ferrari.
2003 – Il buono, il brutto, il cattivo
Penultima gara del mondiale: c’è in palio un corona per tre contendenti (racchiusi in classifica in soli 7 punti), una situazione che ricorda il celebre triello in salsa western di molti anni prima firmato Sergio Leone. Le pazze qualifiche del sabato vedono Raikkonen in pole, Montoya quarto e Schumacher solamente settimo.
Al via i primi colpi di scena, Schumacher parte alla grande ed è subito quarto alla prima curva mentre Montoya, scattato male, si tocca al terzo giro, nel tentativo di rimontare, con Barrichello spedendo quest’ultimo nella ghiaia. Il colombiano proseguirà senza problemi ma sarà costretto a scontare un pesante drive-through penalty per la sua foga. Altro momento chiave è il temporale che dopo pochi giri si abbatte sulla pista dell’Indiana, una pioggia benedetta da Schumacher e dalle sue Bridgestone, molto più competitive delle Michelin di McLaren e Williams in condizioni di pista bagnata. Il talento di Schumacher fa il resto e Schumacher supera uno dopo l’altro tutti gli avversari tra cui lo sfidante per il titolo Raikkonen nel corso del 28esimo passaggio.
Schumacher trionfa ed ipoteca il titolo, Raikkonen secondo limita i danni e rimane matematicamente in lotta per il mondiale in vista dell’ultimo round in Giappone mentre Montoya, solo sesto, maledice la sua irruenza che gli preclude la grande possibilità di giocarsi, per la prima volta in carriera, il titolo mondiale.
2005 – La gara della vergogna
Nona prova del mondiale di F1 che vede una Ferrari in crisi d’identità dopo cinque anni di successi ed il serrato duello per il mondiale fra la Renault di Fernando Alonso e la McLaren di Kimi Raikkonen, pronti a succedere a Michael nell’albo d’oro. Né l’asturiano né il finlandese prenderanno però il via al Gran Premio ed insieme a loro altri 12 piloti i quali, invece che schierarsi in griglia di partenza, rientreranno in pit-lane al termine del giro di ricognizione.
Una cosa accomuna tutti i piloti “ritirati” il fatto di montare gomme Michelin ed il fatto che quest’ultime si fossero dimostrate durante tutto l’arco del weekend inadatte a sopportare le forze generate sui pneumatici dall’ultima curva, sopraelevata, del circuito. Il ritiro volontario per “motivi di affidabilità” fa scattare il GP in un clima surreale, con solo 6 vetture in pista, le due Ferrari, le due Jordan, le due Minardi.
Tra lo sconcerto del pubblico va in scena uno spettacolo indecente. Schumacher con la Ferrari vincitrice della sua unica gara di quella stagione mentre il portoghese della Jordan Monteiro ottenne il suo primo ed unico podio della carriera. Quel giorno ci fu però ben poco da festeggiare. Il Circus scottato dall’evento lasciò definitivamente Indianapolis due anni dopo per riabbracciare gli States nel 2012 in una nuova magnifica sede: Austin, Texas.
di Andrea Schinoppi